Rivelazione di Gesù Cristo, al quale Dio la consegnò per mostrare ai suoi servi le cose che dovranno accadere tra breve. Ed egli la manifestò, inviandola per mezzo del suo angelo al suo servo Giovanni, il quale attesta la parola di Dio e la testimonianza di Gesù Cristo, riferendo ciò che ha visto. (Apocalisse 1:1-2)

 2025/08/18


209. Dalla Lettera agli Ebrei all'Apocalisse

La Lettera agli Ebrei era un tentativo di collocare in qualche modo Gesù, il Figlio di Dio che ora siede alla destra del Padre, al centro dell'“assemblea” come sacerdote eterno della comunità ecclesiale, affinché i credenti che Gesù chiama suoi fratelli e sorelle potessero crescere e alla fine sentirlo dire: «Eccomi, io e i figli che Dio mi ha dato» (Eb 2,13). L'autore scrive: «Abbiamo piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso ... la sua carne» (10,19-20). In queste parole si riflette il significato dell'Eucaristia istituita da Gesù e l'immagine della liturgia della Messa, in cui opera lo Spirito Santo, mandato nel nome di Gesù. Inoltre, nella descrizione dell'«assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli» (12, 23, cfr. 12, 22-24), si intravede l'immagine dell'«assemblea» celeste. 

In questo modo, l'autore si è affidato all'«assemblea» per guidare i cristiani ebrei, che avevano forti legami con l'Antico Testamento. A quel tempo, quando non c'era ancora il Nuovo Testamento, non poteva fare altro che dire: «Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunciato la parola di Dio. Considerando attentamente l'esito finale della loro vita, imitatene la fede» (Eb 13,7). Non poteva ricorrere all'Antico Testamento, che non menzionava il nome di Gesù. 

D'altra parte, l'apostolo Paolo, che era coinvolto in una comunità di cristiani gentili con problemi etici, scrisse nella sua lettera agli Efesini: «E non ubriacatevi di vino, che fa perdere il controllo di sé; siate invece ricolmi dello Spirito, intrattenendovi fra voi con salmi, inni, canti ispirati, cantando e inneggiando al Signore con il vostro cuore» (Ef 5,18-19), comandando loro di praticare la disciplina spirituale basata sui Salmi (cfr. 4,17-5,14). Nella sua lettera ai Colossesi, scriveva anche: «La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri cuori» (Col 3,16). Tuttavia, nei Salmi dell'Antico Testamento non si fa menzione della «parola di Cristo», né tantomeno del nome di Gesù. Inoltre, se i cristiani che aspettavano la seconda venuta di Gesù avessero bevuto il vino del popolo dell'Antico Testamento che aspettava il Salvatore, si sarebbero avverate le parole di Gesù: «Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: "Il vecchio è gradevole!"» (Lc 5,39). Tuttavia, Paolo non aveva altro su cui basarsi. 

Gli apostoli che condivisero il ministero pubblico di Gesù furono testimoni della sua sofferenza, morte, risurrezione e ascensione, e sperimentarono la discesa dello Spirito Santo. Tuttavia, Paolo, che fu scelto da Dio in un momento completamente diverso, non aveva alcuna esperienza personale con Gesù. Non aveva il ricordo di «ciò che io vi ho detto» che Gesù disse: «Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Gv 14,26). Questo è il ricordo fondamentale per entrare in relazione con lo Spirito Santo mandato nel nome di Gesù. Paolo lo sapeva molto bene. Per questo andò a Gerusalemme di sua iniziativa e ascoltò a lungo gli Apostoli. I suoi sforzi fiorirono nel Nuovo Testamento, a beneficio non solo suo, ma anche dei futuri cristiani. 

Col passare del tempo, come ci dice Paolo nella sua lettera ai Corinzi, alcuni dei testimoni della risurrezione di Gesù morirono (cfr. 1 Cor 15,6). Essi avevano avuto esperienze dirette con Gesù. Molti di loro erano stati istruiti direttamente da Gesù e avevano ricordi di «ciò che io vi ho detto». Lo Spirito Santo aggiunse l'Apocalisse al Nuovo Testamento per infondere in modo speciale nei futuri credenti i ricordi di questi testimoni che avevano conosciuto Gesù personalmente. L'Apocalisse, che afferma: «Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e custodiscono le cose che vi sono scritte: il tempo infatti è vicino» (Ap 1,3), è un libro di formazione spirituale in cui lo Spirito Santo conserva nelle profondità della memoria dei credenti esperienze pari a quelle dei testimoni, affinché possano vivere e custodire queste verità. 

L'Apocalisse è strettamente connessa agli altri libri del Nuovo Testamento e crea un ricordo significativo nei credenti per amore dello Spirito Santo mandato nel nome di Gesù. Come se prevedesse questo futuro, l'autore della Lettera agli Ebrei pregava così: «Il Dio della pace, che ha ricondotto dai morti il Pastore grande delle pecore, in virtù del sangue di un'alleanza eterna, il Signore nostro Gesù, vi renda perfetti in ogni bene, perché possiate compiere la sua volontà, operando in voi ciò che a lui è gradito per mezzo di Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen» (Eb 13,20-21). 

Maria K. M.


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