2024/09/30
163. La traccia di Cristo, il Figlio di Dio
San Francesco guardò il crocifisso di San Damiano. In esso percepì l'immagine del Regno di Dio, molto ispirata al Vangelo di Giovanni e all'Apocalisse. La verità del Regno di Dio che ricevette è ancora con noi 800 anni dopo.
Il Gesù in croce di San Damiano non è in agonia. Questo perché la sua immagine suggerisce l'Eucaristia. L'Eucaristia dà ai credenti la conoscenza della no-informazione divina. L'Eucaristia viene partecipata dai credenti, dando loro l'esperienza dell'unione con “Cristo, il Figlio di Dio” e facendo loro sperimentare la no-informazione divina. Pertanto, i credenti devono concentrarsi sull'Eucaristia, staccando il gusto del pane e del vino da essa, assaporando l'insipidità di aver ricevuto l'Eucaristia e ricordando la no-informazione divina. Pertanto, i credenti devono mobilitare tutti i loro sensi nel ricevere l'Eucaristia. In primo luogo, è essenziale guardare l'Eucaristia sollevata dal sacerdote e dichiarare che è il “Cristo, il Figlio di Dio”. Lo scopo è quello di confermare che la no-informazione di Dio nell'Eucaristia che si sta per ricevere è quella di “Cristo, il Figlio di Dio”, sentendo la propria voce che la proclama. Poi, prendono l'ostia consacrata che viene loro distribuita, la toccano con le dita, la annusano e la gustano in bocca.
L'acquisizione di questa conoscenza speciale avviene di solito in modo inconsapevole. Nessuno può osservarla, tanto meno la persona in questione. È per questo che ci confessiamo all'Eucaristia poco prima di riceverla, affinché il “Cristo, il Figlio di Dio” rimanga come una traccia nel nostro regno inconscio. Questa traccia diventa viva nel cammino della vita quotidiana, dalla fine della Messa con la benedizione della dispensa alla Messa successiva. Questo perché lo Spirito Santo, inviato nel nome di Gesù, chiede costantemente ai credenti di collaborare con lui affinché possa operare come Cristo. Lo Spirito Santo continua a toccare il credente per farli diventare il Cristo. Il tocco debole in quel momento corrisponde alla traccia della no-informazione divina che il credente conserva nel suo regno di incoscienza attraverso la Comunione. È la traccia di “Cristo, il Figlio di Dio”.
Nell'esperienza di risposta allo Spirito Santo, che cerca costantemente di collaborare con noi, si realizza sempre e solo il “Sì” per il credente che lo desidera (cfr. 2 Corinzi 1,17-22). Così come ci mettiamo volontariamente in fila per la Comunione e prendiamo e mangiamo l'Ostia consacrata data dal sacerdote, ogni volta che incontriamo gli eventi nel cammino della vita quotidiana, dalla benedizione della dispensa alla Messa successiva, ricordiamo la sensazione della no-informazione divina che abbiamo avuto quando abbiamo ricevuto volontariamente la Comunione e dirigiamo l'attenzione verso la collaborazione con lo Spirito Santo. Allora vedremo che l'azione successiva è diversa da quella che compiamo da soli, osservando il processo di esecuzione, come disse Gesù: “In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi” (Giovanni 14,20).
Per noi umani, nati come massa di informazioni e che viviamo in mezzo alle informazioni, l'unico modo per diventare poveri di tutte le informazioni è dirigere la nostra coscienza verso la no-informazione divina. E il ricordo di aver collaborato con lo Spirito Santo ci fa capire la benedizione che viene data ai piccoli che accettano il lavacro di Dio. Dio vuole quindi che i credenti vivano in collaborazione diretta con lo Spirito Santo senza dipendere da nessun altro.
Qui, un'altra cosa che è contemporaneamente necessaria per lavorare con lo Spirito Santo si trova nelle seguenti parole di Gesù: “Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà” (Giovanni 16,13-14).
Per sapere che lo Spirito Santo prende ciò che è di Gesù e lo dichiara a noi, dobbiamo condividere la visione del mondo di Gesù Cristo, come i discepoli che vivevano con lui nella realtà. Come si vede nelle attività dei discepoli dopo la Pentecoste, essi realizzarono e parlarono delle profezie delle Scritture ebraiche attraverso la visione del mondo di Gesù Cristo. Non importava che fossero “persone semplici e senza istruzione” (Atti 4,13). Allo stesso modo, la visione del mondo di Gesù Cristo (vedi schema sotto), iniettata nella nostra memoria dalla Rivelazione, evoca una profonda empatia dai recessi interiori della nostra memoria quando entriamo in contatto con le parole del Nuovo Testamento, facendoci capire che conosciamo la verità. Infine, la Parola, le parole di vita, sgorgano dalla nostra bocca, proprio come accadde ai discepoli in quel momento.
Da continuare