2025/04/28
193. La Pentecoste e l'Apocalisse
Dalle analisi delle ultime sei puntate, abbiamo appreso che i sette angeli delle sette chiese descritti nell'Apocalisse 2 e 3 corrispondono ai sette discepoli che incontrarono Gesù risorto sul mare di Tiberiade nel Vangelo di Giovanni. Il punto di partenza di queste riflessioni è stato il Crocifisso di San Damiano, che si dice abbia portato San Francesco d'Assisi alla conversione. La sua composizione contiene temi tratti dal Vangelo di Giovanni e dall'Apocalisse, e la figura di Cristo al centro può essere vista come la rappresentazione di Gesù risorto. Abbiamo quindi esaminato le scene del Vangelo di Giovanni in cui Gesù risorto appare ai suoi discepoli, insieme ai documenti riguardanti san Francesco.
Di conseguenza, ci siamo concentrati sul fatto che l'evangelista Giovanni spiega le parole di Gesù in risposta alla domanda dell'apostolo Pietro nella scena finale dell'incontro dei discepoli con Gesù risorto nel Vangelo di Giovanni con la seguente frase significativa: «Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: "Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?”» (Gv 21,23). Qui abbiamo scoperto che la chiave per comprendere l'intenzione di Giovanni sta nella frase «finché io venga», perché Giovanni sottolinea che «Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto».
Nell'Apocalisse, i numeri hanno un significato importante. Quando si apre l'Apocalisse, tenendo in mente i sette discepoli che incontrarono Gesù risorto, la prima frase che salta all'occhio è «Giovanni, alle sette Chiese che sono in Asia» (Ap 1,4). Inoltre, abbiamo scoperto che l'espressione “finché io venga” nelle ultime parole di Gesù risorto nel Vangelo di Giovanni, funge da tema nelle sei lettere, esclusa la seconda lettera, quella alla chiesa di Smirne, e che i tempi verbali usati per questo tema in ciascuna lettera formano una sequenza cronologica. Nelle lettere alle chiese di Efeso, Pergamo, Tiatira e Sardi, il tema è una profezia del futuro; nella lettera alla chiesa di Filadelfia, il tempo verbale è il futuro prossimo, con la frase “Vengo presto” (3,11). E nella lettera alla chiesa di Laodicea, il tempo verbale è il presente: “Ecco: sto alla porta e busso” (3,20).
Tuttavia, questo tema è assente nella seconda lettera, indirizzata all'angelo della chiesa di Smirne (che si pensa rappresenti Tommaso). Ciò è probabilmente dovuto al fatto che l'autore riteneva che Gesù fosse tornato appositamente per Tommaso, che si era ostinatamente rifiutato di credere nella sua risurrezione (cfr. Gv 20,24-29). In questo modo, il racconto dell'Apocalisse continua utilizzando un metodo espressivo in cui il contenuto delle sue descrizioni e quello dei Vangeli ad esse associati coesistono come se fossero le due facce di una medaglia. È strutturato in modo tale che è intuitivamente difficile da comprendere e da cogliere.
Quando Gesù insegnava alla gente, usava parabole per trasmettere verità che non potevano essere comprese senza intuizione. Poi spiegava il significato di queste parabole ai suoi discepoli. Tuttavia, riguardo a se stesso, che stava compiendo la volontà del Padre, il Vangelo dice: «Ma quelli non compresero nulla di tutto questo; quel parlare restava oscuro per loro e non capivano ciò che egli aveva detto» (Lc 18,34). I genitori di Gesù hanno avuto la stessa esperienza (cfr. 2,50). Questa esperienza ha fatto loro comprendere vividamente il momento in cui lo Spirito Santo è disceso (cfr. At 2,2), il momento in cui li ha toccati (cfr. 2,3) e il momento in cui hanno compreso tutto attraverso di loro, attraverso il contrasto tra queste due esperienze. Sono giunti a conoscere lo Spirito Santo.
Il fatto che l'Apocalisse sia strutturata in modo
difficile da cogliere e da comprendere intuitivamente ci porta, noi che
pratichiamo l'“allenamento all'Apocalisse” leggendola ad alta voce,
ascoltandola e memorizzandola, alla beatitudine di fare la stessa esperienza
dei discepoli di Gesù e dei suoi genitori (cfr. Ap 1,3). Noi che abbiamo
accumulato esperienze quotidiane di “non comprensione” attraverso
l'“allenamento alla Rivelazione”, quando lo Spirito Santo ci guiderà e ci
ricorderà il Nuovo Testamento (cfr. Gv 16,12-15), saremo in grado di cogliere i
momenti in cui lo Spirito Santo è all'opera e ci tocca, attraverso il contrasto
tra queste due esperienze. Arriveremo a conoscere lo Spirito Santo.
Maria
K.M.