2025/08/11
208. Soluzioni alle questioni sollevate nella Lettera agli Ebrei e loro frutti
L'autore della Lettera agli Ebrei afferma: «La fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio. Per fede, noi sappiamo che i mondi furono formati dalla parola di Dio, sicché dall'invisibile ha preso origine il mondo visibile» (Eb 11,1-3). Egli descrive poi brevemente la storia del popolo dell'Antico Testamento che ottenne il riconoscimento divino grazie alla sua fede (cfr. 11,4-38) e conclude: «Tutti costoro, pur essendo stati approvati a causa della loro fede, non ottennero ciò che era stato loro promesso: Dio infatti per noi aveva predisposto qualcosa di meglio, affinché essi non ottenessero la perfezione senza di noi» (11,39-40).
Nella fede dei cristiani che seguono Gesù Cristo, che era ebreo, non c'è rottura con la storia dell'Antico Testamento. Tuttavia, qui l'autore mostra due diversi tipi di fede e annuncia che è iniziata un'era completamente nuova nella storia del popolo dell'Antico Testamento. Per questo motivo, la definizione «La fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede» ha portato a «Tutti costoro, pur essendo stati approvati a causa della loro fede, non ottennero ciò che era stato loro promesso». D'altra parte, coloro che credono nel nome di Gesù attraverso lo Spirito Santo ricevono la condizione in cui, «Per fede, noi sappiamo che i mondi furono formati dalla parola di Dio, sicché dall'invisibile ha preso origine il mondo visibile». L'espressione «Dio infatti per noi aveva predisposto qualcosa di meglio, affinché essi non ottenessero la perfezione senza di noi» si riferisce a questo stato.
L'evangelista Giovanni testimonia queste differenze tra il modo di credere dell'Antico Testamento e quello del Nuovo Testamento attraverso il primo e il secondo segno compiuto da Gesù a Cana di Galilea. La madre che concepì Gesù attraverso lo Spirito Santo credette alle parole dell'angelo: «Tu lo chiamerai Gesù» (Mt 1,21; Lc 1,31), insieme a suo marito Giuseppe. Attraverso quella fede, ella sperimentò che «i mondi furono formati dalla parola di Dio, sicché dall'invisibile ha preso origine il mondo visibile». Piena dello Spirito Santo, ella aveva già raggiunto la perfezione, anticipando «qualcosa di meglio» che Dio aveva preparato per noi. È come disse Gesù risorto: «Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!» (Gv 20, 29).
«Vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: "Non hanno vino"». (Gv 2, 1-3). Gesù rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora» (2, 4). Queste parole di Gesù indicano che egli è venuto sulla terra con un piano divino. La madre di Gesù, che aveva condiviso tutto con lui, lo capì e disse ai servi: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (2, 5), che era la sua risposta alle parole di Gesù. Così, sua madre, i suoi discepoli e i servi che avevano obbedito al comando di Gesù si trovarono tutti presenti nel momento in cui Gesù compì il suo primo segno, trasformando l'acqua in vino e «manifestò la sua gloria» (2, 11). Qui vediamo un modello di fede neotestamentaria.
Il secondo segno che compì a Cana di Galilea, fu il
seguente. C'era un un funzionario del re, e «costui, udito che Gesù era
venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a
guarire suo figlio, perché stava per morire» (Gv 4,47). Come sta scritto: «La
fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per
questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio», l'ufficiale era
sicuro che Gesù avrebbe guarito suo figlio. Perciò, non prestò attenzione alle parole
di Gesù: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete» (4, 48), e
subito disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia» (4, 49). Cercò
di verificare la questione ancora sconosciuta della guarigione del bambino da
parte di Gesù. Infatti, in seguito confermò il momento in cui Gesù disse: «Va',
tuo figlio vive» (4, 50) e l'ora in cui suo figlio fu guarito (cfr. 4,
51-53). Credette alle parole di Gesù e tornò a casa. E suo figlio fu guarito.
Questo è il modello di fede nell'Antico Testamento.
Il funzionario del re, sebbene riconosciuto da Gesù per la sua fede, «non ottennero ciò che era stato loro promesso». Ancora oggi ci sono molte persone in tutto il mondo che ottengono lo stesso risultato. Per far progredire la storia, noi cristiani dobbiamo comprendere e accettare la conclusione «Dio infatti per noi aveva predisposto qualcosa di meglio, affinché essi non ottenessero la perfezione senza di noi» e sforzarci di «ottenessero la perfezione». Pertanto, l'autore della Lettera agli Ebrei continua incoraggiando con fervore i credenti dicendo: «Anche noi dunque, circondati da tale moltitudine di testimoni, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento» (Eb 12,1-2).
Maria
K. M.