Rivelazione di Gesù Cristo, al quale Dio la consegnò per mostrare ai suoi servi le cose che dovranno accadere tra breve. Ed egli la manifestò, inviandola per mezzo del suo angelo al suo servo Giovanni, il quale attesta la parola di Dio e la testimonianza di Gesù Cristo, riferendo ciò che ha visto. (Apocalisse 1:1-2)

 2025/11/10

221. Lui che battezza nello Spirito Santo

Il Vangelo di Giovanni introduce per prima cosa Giovanni Battista nel modo seguente: «Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce» (Gv 1,6-8). La «luce» è quella di cui si è già scritto in precedenza: «In lui [Verbo] era la vita e la vita era la luce degli uomini» (1,4). 

Giovanni Battista spiegò così il motivo per cui battezzava dicendo: «Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell'acqua, perché egli fosse manifestato a Israele» (Gv 1,31). Poi aggiunse: «Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell'acqua mi disse: "Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo". E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio» (1,33-34). «Lui che battezza nello Spirito Santo» era Gesù. 

Come testimoniò Giovanni Battista, lo Spirito Santo rimase  su Gesù affinché le parole da lui pronunciate come uomo, pur essendo Dio, diventassero Parola vivente, grazie all’azione congiunta dello Spirito Santo. Così, la vita nella Parola diventa la luce che illumina l'uomo dal suo intimo. In questo passo, l'evangelista Giovanni sottolinea le parole di Giovanni Battista ripetendole due volte: «Io non lo conoscevo». Questo per attirare l'attenzione del lettore sulla scena del Vangelo di Luca in cui Giovanni Battista, quando era nel grembo di sua madre Elisabetta da sei mesi, sussultò nel suo grembo al saluto di Maria, la madre di Gesù, che era venuta da lei con Gesù nel grembo. Questo perché le parole del Magnificat di Maria in quel momento spiegano bene cosa significa «battezzare nello Spirito Santo». 

Il Magnificat inizia così: «L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva. D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente» (Lc 1,46-49). Maria si rese conto che le parole dell'angelo si erano avverate: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio» (1,35), e lei gioì in Dio Salvatore per la potenza dello Spirito Santo. La consapevolezza che «ha guardato l'umiltà della sua serva» è la prova che si è stati battezzati con lo Spirito Santo. 

Le parole di Maria che seguono spiegano come si ottiene questa consapevolezza. «Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote» (Lc 1,49-53). 

«Santo è il suo nome» si riferisce allo Spirito Santo (cfr. Mt 12,31-32). Le parole di Gesù, che sono diventate Parola di Vita per opera dello Spirito Santo, agiscono su coloro che temono il Signore e ascoltano la sua voce. Nel profondo di quella persona, il Verbo, che è diventato luce che illumina l'uomo, esercita la sua forza con il suo braccio, cioè la spada a doppio taglio, per disperdere i ricordi che gonfiano d’orgoglio e strappa l’uomo dall’illusione di essere un detentore del potere. Finché quella persona non riconosca di essere un essere umile davanti a Dio. Questo, per innalzare quella persona alla condizione di figlio di Dio. In questo modo, Dio riempie di beni coloro che hanno fame della sua Parola e rimanda a mani vuote, nella loro ignoranza, coloro che sono pieni della propria  conoscenza umana. 

Nel Vangelo di Luca, quando Gesù finì di insegnare alla gente dalla barca di Pietro e ordinò a Pietro di calare le reti per la pesca, Pietro disse: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti» (Lc 5,5). Pietro, sorpreso anche lui dalla grande pesca, disse: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore» (5,8). In questo modo, trovandosi dinanzi a Gesù stesso, temendo il Signore e diventando persone che ascoltano la sua voce, essi furono condotti da Gesù a fare l'esperienza del Magnificat. 

Durante l'ultima cena Gesù disse: «Lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi» (Gv 14,17), testimoniando che i suoi discepoli avevano in quel momento già ricevuto lo Spirito Santo. Erano stati battezzati da Gesù con lo Spirito Santo. 

L’evangelista Giovanni racconta che, durante la festa delle Capanne, Gesù disse: «Se qualcuno ha sete, venga a me, e beva chi crede in me. Come dice la Scrittura: Dal suo grembo sgorgheranno fiumi di acqua viva» (Gv 7,37-38). E poi spiega: «Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non vi era ancora lo Spirito, perché Gesù non era ancora stato glorificato» (7,39). Lo «Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui» si riferisce alla Pentecoste, e il riferimento di Gesù a «Come dice la Scrittura» si riferisce al futuro Nuovo Testamento, in cui sarebbe stato rivelato il «sacerdozio della Nuova Alleanza».

 Maria K. M.


 2025/11/03


220. Il sacerdozio della Nuova Alleanza

La parola «apostolo» non compare nel Vangelo di Giovanni. Questo perché il tema del Vangelo di Giovanni è il «sacerdozio della Nuova Alleanza». Tuttavia, poiché il «sacerdozio della Nuova Alleanza» é stato previsto da Dio in modo tale da non poter essere separato dall'apostolato (cfr. Gv 19,26-27), è difficile concentrarsi solo su questo tema, ed il Vangelo può sembrare trattare soltanto questioni spirituali di ordine elevato 

Inoltre, il motivo per cui troviamo difficoltà nel comprendere il Vangelo di Giovanni è che il «sacerdozio della Nuova Alleanza» sia indissolubilmente legato all'Eucaristia. In esso vi è un territorio sconosciuto, che le informazioni e le conoscenze umane, non riescono a comprendere appieno nemmeno ai nostri giorni. La mancanza di chiarezza riguardo all'Eucaristia può causare un particolare conflitto tra il «sacerdozio della Nuova Alleanza» e gli uomini che lo ricevono, ad esempio, quando loro pensano:  «Non sono una macchina per la produzione dell’Eucaristia» oppure «Ho un apostolato personale da perseguire». 

Mi sembra che questo sia molto simile al conflitto che si verifica tra la gravidanza e la donna che la accetta. Ad esempio, può sorgere un conflitto particolare riguardo al bambino che porta nel suo corpo, come «Non sono una macchina per fare bambini» o «Ho la mia vita». Ci possono essere somiglianze tra questi due casi nelle varie questioni che sorgono, anche se sembrano non essere collegati. Il fatto che provino questo conflitto e che sorgano problemi in queste situazioni è di per sé la prova che ciascuno di loro è sinceramente, anche se inconsciamente, impegnato nella vita eterna e nella vita umana. Questa prova è supportata dalla risposta sincera di coloro che li circondano e che al momento non sono direttamente coinvolti in queste questioni. Credo che aumentare il loro potere di sostegno dipenda in ultima analisi anche dal rivelare la verità sul «sacerdozio della Nuova Alleanza». 

Il Vangelo di Luca ci dice che quando Gesù istituì l'Eucaristia, disse: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me» e «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi» ( Lc 22,19-20). La «nuova alleanza», detta «per voi», è il «sacerdozio della Nuova Alleanza». Gesù comandò: «Fate questo». Questo comando è rivolto a tutti i credenti riuniti nel nome di Gesù. Il Vangelo di Giovanni non descrive la scena dell'istituzione dell'Eucaristia, in modo da mettere in risalto il «sacerdozio della Nuova Alleanza» descritto nei Vangeli sinottici. 

Osservando le frasi iniziali dei Vangeli sinottici, il Vangelo di Matteo inizia con Abramo, il Vangelo di Marco inizia con una citazione del profeta Isaia e il Vangelo di Luca assume la forma di un resoconto. Se ci concentriamo solo su questa distinzione, possiamo immaginare, nel Vangelo di Matteo, il Padre che vuole realizzare il piano di Dio, nel Vangelo di Marco, il Figlio che adempie la profezia, e nel Vangelo di Luca, lo Spirito Santo che ci conduce al risultato (l'illuminazione). Le caratteristiche di questi Vangeli sono facili da comprendere, poiché sembrano puntare in direzioni diverse eppure trattano lo stesso tema dell'apostolato. 

Il Vangelo di Giovanni, invece, inizia con le parole: «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio» (Gv 1,1-2). Queste parole implicano che il Padre e il Figlio sono uno. È la prova che il «sacerdozio della Nuova Alleanza», che Gesù conferì agli Apostoli insieme all'Eucaristia, era conforme alla volontà del Padre. Le parole seguenti, «tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste» (1,3), indicano che all'ultima cena di Gesù, come nella Creazione, il corpo e il sangue di Cristo sono stati fatti per mezzo del Verbo. 

Molti dei discepoli che ascoltarono le parole di Gesù che testimoniava sul pane della vita non capirono le sue parole, come è scritto: «In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno vinta» (Gv 1,4-5) (cfr. Gv 6,60). Allo stesso modo, è difficile comprendere anche il «sacerdozio della Nuova Alleanza». Ma nel «sacerdozio della Nuova Alleanza», che è con l'Eucaristia, creata attraverso la Parola, c'è la vita, ed è la luce degli uomini. La luce risplende nelle tenebre. Alla fine della scena sul pane della vita, leggiamo quanto segue. 

«Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: "Volete andarvene anche voi?". Gli rispose Simon Pietro: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio"» (Gv 6,66-69). 

Maria K. M.


 2025/10/27

219. Il sacerdozio e il Vangelo di Giovanni

I pescatori che, ascoltando la parola, seguirono Gesù e divennero apostoli, furono i primi a mangiare dell'albero della vita, di cui nessuno aveva mai mangiato prima. Così, Gesù Cristo mostrò al mondo “la via all'albero della vita” (Gen 3,24), che Dio aveva protetto ponendo a oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada fiammeggiante dopo aver scacciato Adamo. Questo è quanto ha detto Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Gv 14,6). Gesù ha pronunciato queste parole nel Vangelo di Giovanni. 

Il sacerdozio è un tema importante nel Vangelo di Giovanni. Le parole che il sacerdote rivolge al Padre celeste sull'altare, “perché diventino per noi il corpo e il sangue di Gesù Cristo nostro Signore”, provocano nel sacerdote lo stesso fenomeno che accadde a Maria, la madre di Gesù. In quel momento, lo Spirito Santo scende sul sacerdote e la potenza dell'Altissimo lo adombra. Così, il bambino che nascerà, l'Eucaristia, “sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio” (Lc 1,35). La Madre che ha dato alla luce Gesù nel mondo, piena di Spirito Santo, simboleggia il sacerdozio. Sulla croce, Gesù ha unito sua madre e il discepolo che amava in un legame genitore-figlio. Il Vangelo dice: “E da quell'ora il discepolo l'accolse con sé” (Gv 19,27). Questa scena informa i successori degli Apostoli che è qui la prova che Gesù ha conferito il nuovo sacerdozio agli Apostoli e che essi lo hanno ricevuto. 

Il contenuto del Vangelo di Giovanni si sviluppa, spesso in relazione ai tre Vangeli sinottici, come segue. Lo fa per arrivare al tema del sacerdozio. Come si è detto nel numero precedente, il dialogo tra Gesù e Pietro nel Vangelo di Luca, quando Gesù convoca i primi discepoli, contiene un contesto significativo per il sacerdozio. Quando Gesù finì di insegnare alla gente dalla barca di Pietro, ordinò a quest'ultimo di calare le reti per la pesca. Al che Pietro rispose: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti” (Lc 5,5). Queste parole di obbedienza di un solo uomo, che in seguito avrebbe ricevuto il sacerdozio, e che annullò la disobbedienza di Adamo a Dio, causa del peccato di molti. Questa obbedienza, nata sotto la guida di Gesù, fu ereditata dai successori degli Apostoli e divenne il fondamento su cui molti furono resi giusti. 

Pietro, sorpreso dalla grande cattura, disse: “Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore” (Lc 5,8). Queste parole furono accettate da Dio come parole che rispondevano alla sua volontà e compensavano il tradimento di Adamo nei confronti di Dio. Pietro fu scelto per adempiere alle parole di Dio ad Adamo nella Genesi: “Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finché non ritornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere ritornerai!” (Gen 3,19), cioè per assumere il sacerdozio. Le parole: “Con il sudore del tuo volto mangerai il pane” si riferiscono al sacerdozio. Nelle parole successive di Dio, è adombrata la speranza della risurrezione. Infatti, anche se l’uomo possiede un corpo naturale destinato a tornare alla terra, egli ritorna come colui che è stato formato dalla polvere dal Dio che gli ha soffiato il “alito di vita” (2,7). Il nuovo sacerdozio ha il compito di portare questa speranza a tutti gli uomini. Lo testimoniano le parole di Gesù quando disse: “D'ora in poi sarai pescatore di uomini” (Lc 5,10).

L'apostolo Pietro non è stato scelto solo come capo degli apostoli e roccia della Chiesa, ma è stato, per così dire, un secondo Adamo, preparato dalla storia dell'Antico Testamento affinché ricevesse il sacerdozio destinato a celebrare, insieme agli uomini, il giorno che Dio aveva benedetto e santificato (cfr. Gen 2,3). Questo importante dialogo tra Gesù e Pietro nel Vangelo di Luca si comprende più chiaramente se lo si collega alla scena del Vangelo di Giovanni, quando Gesù convoca i primi discepoli. In tal modo si può anche colmare l’assenza, in questo episodio significativo, del nome di Andrea, fratello di Pietro. 

Secondo il Vangelo di Giovanni, uno dei primi due discepoli di Giovanni Battista a seguire Gesù fu il fratello di Simon Pietro, Andrea. Egli portò Simone da Gesù. Gesù lo guardò e disse: “Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa - che significa Pietro” (Gv 1,42). Se leggiamo la scena dei pescatori nel Vangelo di Luca sulla base di questa sequenza di eventi, vediamo che Gesù e Pietro non si erano incontrati per la prima volta, il che ci fa concentrare sul dialogo tra loro. 

Maria K. M.


 2025/10/20


218. L'instaurazione della riconciliazione

Come cristiani, possiamo ancora leggere il piano di Dio da ciò che è scritto nella Genesi, poiché il Nuovo Testamento è stato compiuto. 

Quando più creature della stessa specie esistono insieme,   tra loro nasce accidentalmente informazioni accidentali. Questa informazione accidentale è apparsa per la prima volta quando Dio ha portato la donna che aveva creato all'uomo. L'uomo disse: “Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne” (Gen 2,23). Tuttavia, la Genesi afferma che Dio ha usato le ossa dell'“uomo” nella creazione della donna, ma non menziona la carne. Credo che l'uomo abbia espresso l'informazione accidentale perché Dio aveva preso una delle costole dell'“uomo” e “richiuse la carne al suo posto” (2,21). 

L'uomo, Adamo, non fu creato da Dio specificamente come maschio. L'“uomo” - quello prima che ci fossero uomini o donne -, quando gli fu tolta una costola, divenne l'uomo, Adamo. Quindi, l'uomo, che ereditò il corpo e i ricordi dell'“uomo”, aveva tre ricordi. La memoria del “lavoro” dato da Dio (cfr. Gen 2,15), la memoria della “conoscenza”: “Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu ne mangerai, certamente dovrai morire” (2,16-17), e la memoria dell'“esperienza”: "In qualunque modo l'uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l'uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l'uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse" (2:19-20). Tuttavia, in seguito, si capì che l’uomo non era riuscito a condividere con esattezza con la donna il ricordo di questa “conoscenza”. Ciò accadde perché tra i due nasceva continuamente le informazioni accidentali, e i loro ricordi venivano costantemente riscritti. (cfr. 3,1-5).

 Alla brezza del giorno” (Gen 3,8), il Signore Dio passò per il giardino e chiamò Adamo. Dio aveva un piano. Voleva preparare Adamo al sacerdozio per poter celebrare con il popolo il giorno che aveva benedetto e santificato (cfr. 2:3). A questo scopo, “Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse” (2:15). Tuttavia, Adamo e la donna, poiché i loro ricordi erano stati riscritti, dimenticarono il comando di Dio: “Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino” (2:16), e non presero a mangiare dall'“albero della vita”. Prese invece e mangiò dall'“albero della conoscenza del bene e del male”, di cui Dio aveva comandato: “Non devi mangiare” (2:17). 

Adamo ignorò poi il ricordo della sua “esperienza”, secondo cui “per l'uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse” (Gen 2,20) tra quelli che aveva nominato, e chiamò la donna, che Dio creò dall'“uomo”, come aveva dato i nomi alle altre creature. Questo perché era stato informato erroneamente che “ella fu la madre di tutti i viventi” (3,20). Pertanto, la disobbedienza di Adamo nel percepire la donna come uguale alle altre creature viventi fu decisiva ed egli fu cacciato dal Giardino. Tuttavia, Dio non cambiò il suo piano di conferire ad Adamo il sacerdozio, come è scritto: “Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da cui era stato tratto” (3:23). 

Alla fine Noè, sopravvissuto al diluvio, costruì un altare al Signore (cfr. Gen 8,20), Abramo incontrò Melchisedec, re di Salem, sacerdote di Dio Altissimo (cfr. 14,18) e Dio ordinò Aronne e i suoi figli come sacerdoti (cfr. Es 29,9). Così, la lunga storia dell'Antico Testamento, a partire dalla Genesi, ha dato forma alla storia della formazione e dello sviluppo di Adamo, cioè degli uomini, per renderli idonei al sacerdozio che Dio aveva progettato. Queste storie dell'Antico Testamento e l'antico sacerdozio terminano con la nascita e la vita di Giovanni Battista, come disse Gesù: “Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni” (Mt 11,13). E Gesù Cristo, il Figlio di Dio, all'inizio del suo ministero, trovò finalmente un nuovo Adamo al quale diede il sacerdozio della Nuova Alleanza. Essi, chiamati poi Apostoli, erano gli stessi discendenti di Adamo che crebbero fino a raggiungere la riconciliazione con Dio.

"[Gesù] vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca" (Lc 5,2-3). 

I pescatori devono aver ascoltato in qualche modo ciò che Gesù diceva. “Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: 'Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca'. Simone rispose: 'Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti'” (Lc 5,4-5). Dio, chissà da quanto tempo aspettava di avere un dialogo simile con i discendenti di Adamo! 

"E quando ebbero fatto questo, presero un grande banco di pesci; e mentre le loro reti si rompevano, ... Ma quando Simon Pietro se ne accorse, cadde alle ginocchia di Gesù, dicendo: “Vattene da me, perché sono un uomo peccatore, Signore”". (Lc 5,6-8). Con queste parole di Pietro, Dio ha ricevuto finalmente, in risposta alla domanda posta quel giorno della Genesi: “Hai forse mangiato dell'albero di cui ti avevo comandato di non mangiare? (Gen 3,11), la risposta sincera dell'uomo. 

"Così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: 'Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini'. E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono" (Lc 5,10-11). Coloro che ascoltarono la Parola e seguirono Gesù furono i primi a prendere e a mangiarne il frutto dell'“albero della vita”. 

Maria K. M.


 2025/10/13


217. La riconciliazione

Come abbiamo considerato in precedenza, le parole che il sacerdote sull'altare rivolge al Padre celeste, “perché diventino il corpo e il sangue di Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore”, provocano lo stesso fenomeno che accadde a Maria, la madre di Gesù. In quel momento, lo Spirito Santo scende sul sacerdote e la potenza dell'Altissimo lo adombra. Così, il Figlio che nascerà, l'Eucaristia, “sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio” (Lc 1,35). Le parole che Maria ricevette dall'angelo furono le stesse con cui l’apostolo Pietro testimoniò, chiamando Gesù “il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16) e “il Santo di Dio” (Gv 6,69). Seguendo questo esempio, anche oggi i sacerdoti e i credenti devono continuare a testimoniare queste parole di Pietro rivolgendosi all'Eucaristia. 

Ma quando Pietro disse: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente, perché Gesù notò che in quelle parole c'era la volontà del Padre, disse: "Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli" (Mt 16,17)? Questa domanda ci riporta al racconto della Genesi: "Poi udirono il rumore dei passi del Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno, e l'uomo, con sua moglie, si nascose dalla presenza del Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiamò l'uomo" (Gen 3, 8-9). Dio potrebbe aver chiamato Adamo per affidargli una missione. Ma in quel momento, i due avevano già disobbedito alla volontà di Dio. Il motivo per cui Dio non ne era a conoscenza è che, avendo creato “l'uomo a sua immagine” (1,27), il Signore Dio, che “soffiò nelle sue narici un alito di vita” (2,7) non vuole conoscere in anticipo come si muoverà la volontà dell’uomo, fatto a sua somiglianza. 

Perciò Dio deve essere rimasto molto deluso quando Adamo rispose: “La donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell'albero e io ne ho mangiato” (Gen 3,12). Infatti, non solo aveva disobbedito a Dio, ma aveva anche attribuito a Dio la causa della sua disobbedienza. In realtà, Adamo non è stato letteralmente creato da Dio come un maschio in particolare. Ciò che Dio creò fu “l`essere umano” e la “donna”. E colei che porta avanti l’opera creatrice di Dio, che ha creato l’uomo (maschio e femmina), è la donna, in quanto possiede il grembo. Per quanto riguarda l'uomo, Dio aveva un piano per quello che sarebbe successo. Dio deve aver voluto riconciliarsi con l'“uomo”. 

Dio incoraggiò Adamo dicendo: “Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finché non ritornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere ritornerai!” (Gen 3,19). Possiamo ora capire che queste parole erano un'allusione al fatto che un giorno Adamo avrebbe lavorato con il sudore del suo volto per ottenere il “pane della vita”, sarebbe morto e tornato alla terra, per poi risorgere con un corpo di polvere in cui Dio aveva soffiato l'“alito di vita”. Il piano di Dio, che aveva cercato di annunciare ad Adamo quando lo aveva chiamato nel Giardino, era di dargli il sacerdozio e di celebrare con il popolo il giorno che Dio aveva benedetto e santificato (cfr. 2,3). Questo piano è stato realizzato da Gesù Cristo nel sacerdozio della Nuova Alleanza. Questo sacerdozio è una missione alla vita, come quella di una donna che porta in grembo un bambino non ancora nato. Questa è la missione relativa all'Eucaristia. 

Ciò che prende l'iniziativa nel processo di placentazione nel grembo della donna incinta è l'ovulo fecondato, o feto, mentre il corpo materno è coinvolto passivamente. Pertanto, è il feto, e non la madre, il principale produttore della placenta. Metà dei geni presenti nel feto e nella placenta sono di origine paterna e sono quindi “estranei” al corpo materno. Tuttavia, la madre non rifiuta il feto. Questo ci ricorda che molti dei discepoli che rifiutarono le parole di Gesù sul “pane della vita” se ne andarono e non camminarono più con lui, ma gli Apostoli rimasero con lui (cfr. Gv 6,66-69). 

Si dice che la formazione della placenta si basi su uno stretto dialogo tra la parte materna e quella fetale. Il feto rieduca l' immunità della madre, per così dire, e la madre permette e controlla l 'invasione del feto. Il meccanismo con cui l'utero accoglie la placenta è così preciso che si tratta di un “miracolo di riconciliazione tra madre e feto”, un processo di placentazione unico nella specie umana. Questo delicato equilibrio di negoziazioni è l'essenza del fenomeno della gravidanza, e la riconciliazione che avviene qui non è solo una pace statica, ma il mantenimento di un equilibrio dinamico. Questo è ciò che intendeva Gesù quando disse: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore" (Gv 14,27). Questa riconciliazione deve avvenire anche per il sacerdote su cui lo Spirito Santo scende sull'altare. 

Il grembo materno non è solo un “organo”. Sostiene l'instaurarsi della vita umana. Ha un significato estremamente profondo che riguarda lo sviluppo, l'immunità, il cervello e la socialità della specie umana. Le donne portano un fardello, unico per la specie umana, che non ha eguali in altre creature, nel loro processo di placentazione. Lo stesso vale per il sacerdozio della Nuova Alleanza. I sacerdoti che vivono come Maria, la madre di Gesù, vivono portando il ruolo di essere riempiti dallo Spirito Santo e di generare l'Eucaristia, realizzeranno la “riconciliazione” che la storia di Dio e dell'uomo ha così fortemente richiesto. La risposta di Pietro fu conforme alla volontà del Padre quando disse: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Gesù proseguì come segue. 

"E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli" (Mt 16,18-19). 

Maria K. M.


 2025/10/06


216. Invito a una nuova transustanziazione

Giuseppe, nel sogno, ricevette l'annuncio dall'angelo: “Ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1,21). L'espressione il “suo popolo” si riferisce, sia allora che oggi, coloro come noi credenti che hanno creduto in Gesù.

Come aveva detto Gesù, “Riguardo al peccato, perché non credono in me” (Gv 16,9), Gesù ha sempre salvato da questo peccato coloro che hanno creduto in lui. Dopo questo episodio, il Vangelo inserisce una spiegazione: “Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi” (Mt 1,23). Gesù ha realizzato questa relazione tra Dio e gli uomini per questo scopo. I suoi effetti si manifestano in coloro che hanno creduto in Gesù. 

Seguendo Gesù e stando con Lui, ciascuno dei credenti di quel tempo è stato salvato dal peccato del “non credono in me”, semplicemente stando vicino a Gesù. Gesù aveva la possibilità di toccare i credenti, mentre i credenti potevano sentire che Dio era così vicino da percepire la salvezza di Dio. Gesù proteggeva il “suo popolo” che sarebbe diventato “la mia Chiesa” (Mt 16,18). Istituendo l'Eucaristia, Gesù ha preparato la strada per rendere possibile ciò che era impossibile per se stesso, che era Dio ma aveva un corpo da uomo. Le parole di Gesù, “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui” (Gv 6,56), sono rese possibili dall'Eucaristia, che continua così l'opera di Dio di “salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Non è che Dio sia vicino. Dio entra nel credente. 

L'Eucaristia è il secondo mistero dell'Incarnazione, per così dire, attraverso la transustanziazione. L'Eucaristia continua a salvare i credenti che la ricevono dal peccato, del “non credono in me”. I credenti, attraverso il Nuovo Testamento e ciò che gli apostoli hanno tramandato, condividono le testimonianze della nascita, morte, risurrezione e ascensione di Gesù, e il fatto che, nonostante avessero sepolto il suo corpo nel sepolcro e l'avessero visto con i propri occhi, il corpo di Gesù non era più presente. L'Eucaristia essendo mangiata da noi credenti, muore, e il suo corpo, proprio come il corpo di Gesù che era nel sepolcro, svanisce. In quel breve lasso di tempo, nei credenti avviene una transustanziazione, attraverso l'Eucaristia, in coloro che conservano in loro il corpo di Cristo, in cui Dio è presente. Pertanto, nella memoria di coloro che ricevono l'Eucaristia, deve essere ben inciso chi è l'Eucaristia.

A Maria, invece, l'angelo disse per la prima volta: "Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine" (Lc 1,31-33). Questo annuncio significava che Gesù avrebbe vissuto la sua vita pubblica in questo modo e avrebbe realizzato le parole “il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre” sulla croce. Lo testimonia l'iscrizione sopra Gesù sulla croce, “Costui è il re dei Giudei” (23,38). Infatti,“regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”. 

Poi l'angelo disse: “Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio” (Lc 1,35). Queste parole si sono realizzate in Maria, che è diventata la madre di Gesù. Queste parole ci portano alla scena in cui Gesù ha unito sua madre Maria e un apostolo in un legame genitore-figlio sulla croce. Esse furono ereditate dagli Apostoli, che erano diventati figli di Maria, la madre di Gesù. Per questo, quando un sacerdote chiede al Padre “perché diventino il corpo e  il sangue di Gesù Cristo, nostro Signore”, lo Spirito Santo scende sul sacerdote e la potenza dell'Altissimo lo adombra. Così, il bambino che nasce, cioè l'Eucaristia, “sarà chiamato Figlio di Dio. 

Quando Gesù disse ai suoi discepoli: “Ma voi, chi dite che io sia?” (Mt 16,15), l'apostolo Pietro rispose: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (16,16). Allora Gesù disse: "Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli" (16:17). Le parole che il Padre ha rivelato all'apostolo Pietro rappresentano la sua volontà che tutti i credenti che chiamano Dio Padre guardino Gesù e dicano: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente. Noi credenti rispondiamo alla volontà del Padre dicendo queste stesse parole all'Eucaristia.

Guardando l'Eucaristia e ripetendo le parole “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”, nella memoria del credente viene impresso in modo profondo che l'Eucaristia  è “il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. E così, i credenti che chiamano Dio suo Padre celeste, ricevendo l'Eucaristia, sperimentano una transustanziazione mentre l'Eucaristia rimane in loro per quel breve tempo. In questo modo, poco a poco, cominciano a rendersi conto in modo concreto di essere figlio di Dio. Questa consapevolezza diventa la forza che rende certa la fede in Gesù. 

Maria K.M.


 2025/09/29


215. Transustanziazione

L'Eucaristia è il Corpo e il Sangue di Cristo. La Lumen Gentium, uno dei documenti del Concilio Vaticano II, afferma che l'Eucaristia è “fonte e apice di tutta la vita cristiana(Lumen Gentium № 11). La fede nel fatto che l'Eucaristia è il corpo e il sangue di Cristo è quindi al centro della nostra fede. Tuttavia, noi credenti comprendiamo davvero questo e lo accettiamo con piena consapevolezza? 

Il sacerdote, sull'altare, chiede al Padre l'opera dello Spirito Santo, prende il pane e il calice e dice: “Questo è il mio Corpo offerto in sacrificio per voi” e “Questo è il calice del mio Sangue, per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati”, ripetendo le parole di Gesù nell'Ultima Cena (cfr. Messale Romano). In questo modo, la petizione al Padre viene esaudita e il pane e il vino si trasformano nel corpo e nel sangue di Cristo. La Chiesa ha parlato a lungo di questo fatto come transustanziazione. Il Concilio di Trento ha definito chiaramente questo termine come segue. "Con la consacrazione del pane e del vino si opera la conversione di tutta la sostanza del pane nella sostanza del Corpo del Cristo, nostro Signore, e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del suo Sangue. Questa conversione, quindi, in modo conveniente e appropriato è chiamata dalla santa Chiesa cattolica transustanziazione" (Concilio di Trento (1551): DS 1642). 

Ciò è nuovamente confermato nell'enciclica Mysterium Fidei di Papa Paolo VI (settembre 1965). La transustanziazione, in cui il pane e il vino, che non hanno alcuna somiglianza con il corpo e il sangue di Cristo, vengono trasformati nell'Eucaristia dall'opera congiunta del sacerdote e dello Spirito Santo, che il Padre ha inviato nel nome di Gesù, significa non solo un cambiamento, ma che il pane e il vino diventano il corpo stesso in cui il Signore è presente. Il sacerdote opera in unità con lo Spirito Santo e così nasce l'Eucaristia. Senza il sacerdote, l'Eucaristia non può nascere. 

Il termine transustanziazione suscita una profonda empatia nelle donne che hanno vissuto la gravidanza e il parto. Infatti, l'ovulo fecondato, che non ha alcuna somiglianza con un corpo umano, è protetto dal grembo della donna e alla fine nasce come corpo umano. Nel corpo del feto c'è la vita di un essere umano, che Dio ha voluto, attraverso la parola di Dio “Sii” e l'opera dello Spirito Santo. Anche ora, senza la donna, la vita umana non nascerebbe mai. 

Il Vangelo di Luca racconta che: “Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo” (Lc 1,41). Giovanni Battista, in quel momento, nel grembo di sua madre, rendeva testimonianza a Gesù, che era diventato uomo. Un ovulo fecondato, qualcosa che non assomiglia affatto a un essere umano, cresce e si muove all'interno del corpo di una donna. Questa potrebbe essere chiamata un'altra transustanziazione. Per questo motivo, Gesù, durante l'Ultima Cena, parlò agli Apostoli della gioia per la nascita di un bambino nel mondo, raccontando la parabola di una donna che partorisce un bambino. 

Gesù disse: “La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo” (Gv 16,21). Poi continuò: “Ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia” (16,22), preannunciando così la sua risurrezione e la nascita dell'Eucaristia. 

Gesù poi li rassicura dicendo: "Quel giorno non mi domanderete più nulla. In verità, in verità io vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena" (Gv 16,23-24). La Chiesa ha aspirato al bene supremo in questo mondo. Ha risposto a queste parole di Gesù chiedendo e pregando: “perché diventi per noi il Corpo e il Sangue del tuo amatissimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo”. Le parole “se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà” si realizzeranno immediatamente. In questo momento il sacerdote, unito allo Spirito Santo, sta dimostrando le parole di Gesù. 

Ragionando in questo modo, la transustanziazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo sull'altare non è qualcosa di così difficile da accettare, nemmeno per l’uomo moderno. Noi credenti, nel momento in cui riceviamo l'Eucaristia, dobbiamo sentire profondamente di essere diventati un tutt'uno con il Corpo di Cristo in cui è presente Dio. In questo sta la speranza per il futuro, quando saremo chiamati a una nuova transustanziazione. 

Maria K. M.


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