Rivelazione di Gesù Cristo, al quale Dio la consegnò per mostrare ai suoi servi le cose che dovranno accadere tra breve. Ed egli la manifestò, inviandola per mezzo del suo angelo al suo servo Giovanni, il quale attesta la parola di Dio e la testimonianza di Gesù Cristo, riferendo ciò che ha visto. (Apocalisse 1:1-2)

 2025/09/29


215. Transustanziazione

L'Eucaristia è il Corpo e il Sangue di Cristo. La Lumen Gentium, uno dei documenti del Concilio Vaticano II, afferma che l'Eucaristia è “fonte e apice di tutta la vita cristiana(Lumen Gentium № 11). La fede nel fatto che l'Eucaristia è il corpo e il sangue di Cristo è quindi al centro della nostra fede. Tuttavia, noi credenti comprendiamo davvero questo e lo accettiamo con piena consapevolezza? 

Il sacerdote, sull'altare, chiede al Padre l'opera dello Spirito Santo, prende il pane e il calice e dice: “Questo è il mio Corpo offerto in sacrificio per voi” e “Questo è il calice del mio Sangue, per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati”, ripetendo le parole di Gesù nell'Ultima Cena (cfr. Messale Romano). In questo modo, la petizione al Padre viene esaudita e il pane e il vino si trasformano nel corpo e nel sangue di Cristo. La Chiesa ha parlato a lungo di questo fatto come transustanziazione. Il Concilio di Trento ha definito chiaramente questo termine come segue. "Con la consacrazione del pane e del vino si opera la conversione di tutta la sostanza del pane nella sostanza del Corpo del Cristo, nostro Signore, e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del suo Sangue. Questa conversione, quindi, in modo conveniente e appropriato è chiamata dalla santa Chiesa cattolica transustanziazione" (Concilio di Trento (1551): DS 1642). 

Ciò è nuovamente confermato nell'enciclica Mysterium Fidei di Papa Paolo VI (settembre 1965). La transustanziazione, in cui il pane e il vino, che non hanno alcuna somiglianza con il corpo e il sangue di Cristo, vengono trasformati nell'Eucaristia dall'opera congiunta del sacerdote e dello Spirito Santo, che il Padre ha inviato nel nome di Gesù, significa non solo un cambiamento, ma che il pane e il vino diventano il corpo stesso in cui il Signore è presente. Il sacerdote opera in unità con lo Spirito Santo e così nasce l'Eucaristia. Senza il sacerdote, l'Eucaristia non può nascere. 

Il termine transustanziazione suscita una profonda empatia nelle donne che hanno vissuto la gravidanza e il parto. Infatti, l'ovulo fecondato, che non ha alcuna somiglianza con un corpo umano, è protetto dal grembo della donna e alla fine nasce come corpo umano. Nel corpo del feto c'è la vita di un essere umano, che Dio ha voluto, attraverso la parola di Dio “Sii” e l'opera dello Spirito Santo. Anche ora, senza la donna, la vita umana non nascerebbe mai. 

Il Vangelo di Luca racconta che: “Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo” (Lc 1,41). Giovanni Battista, in quel momento, nel grembo di sua madre, rendeva testimonianza a Gesù, che era diventato uomo. Un ovulo fecondato, qualcosa che non assomiglia affatto a un essere umano, cresce e si muove all'interno del corpo di una donna. Questa potrebbe essere chiamata un'altra transustanziazione. Per questo motivo, Gesù, durante l'Ultima Cena, parlò agli Apostoli della gioia per la nascita di un bambino nel mondo, raccontando la parabola di una donna che partorisce un bambino. 

Gesù disse: “La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo” (Gv 16,21). Poi continuò: “Ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia” (16,22), preannunciando così la sua risurrezione e la nascita dell'Eucaristia. 

Gesù poi li rassicura dicendo: "Quel giorno non mi domanderete più nulla. In verità, in verità io vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena" (Gv 16,23-24). La Chiesa ha aspirato al bene supremo in questo mondo. Ha risposto a queste parole di Gesù chiedendo e pregando: “perché diventi per noi il Corpo e il Sangue del tuo amatissimo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo”. Le parole “se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà” si realizzeranno immediatamente. In questo momento il sacerdote, unito allo Spirito Santo, sta dimostrando le parole di Gesù. 

Ragionando in questo modo, la transustanziazione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo sull'altare non è qualcosa di così difficile da accettare, nemmeno per l’uomo moderno. Noi credenti, nel momento in cui riceviamo l'Eucaristia, dobbiamo sentire profondamente di essere diventati un tutt'uno con il Corpo di Cristo in cui è presente Dio. In questo sta la speranza per il futuro, quando saremo chiamati a una nuova transustanziazione. 

Maria K. M.


 2025/09/22


214. “Catechismo della Chiesa Cattolica” № 1386 

In questo blog ho dedicato molto tempo ad osservare e riflettere attentamente l'episodio del centurione presente nei Vangeli di Matteo e Luca. Ho ritenuto necessario rivedere questo episodio dalla prospettiva in cui le parole del centurione, che chiede a Gesù la guarigione del suo servo, vengono utilizzate  come parte importante della liturgia della Messa in tutto il mondo. In particolare queste parole vengono proclamate dal sacerdote e dalla congregazione insieme in risposta all'invito alla comunione davanti all'Eucaristia che il sacerdote innalza. In entrambi i Vangeli citati, il centurione appare in due scene. Una in cui chiede a Gesù di guarire il suo servo e l'altra in cui si trova accanto alla croce di Gesù ed esprime la sua fede in Gesù. Quest'ultima è descritta anche dal Vangelo di Marco.  Indipendentemente dal fatto che il centurione in queste scene sia o meno la stessa persona, nelle sue parole possiamo vedere due fasi distinte nella fede. 

Nella prima scena, in cui il centurione chiede a Gesù di guarire il suo servo, come ha detto Gesù: “Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato” (Gv 6,44), il centurione è stato attratto verso Gesù dalla potenza del Padre. E per quella fede, Gesù guarì il servo malato. Questa è la prima tappa. D'altra parte, nella scena della crocifissione di Gesù, è scritto: “Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: "Davvero quest'uomo era Figlio di Dio!"” (Mc 15,39). Le parole del centurione sono una realizzazione delle parole di Gesù: “E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32). La seconda tappa. 

Nel Catechismo della Chiesa Cattolica (seconda edizione, 1997), № 1386, si legge: “Davanti alla grandezza di questo sacramento, il fedele non può che fare sua con umiltà e fede ardente la supplica del centurione: « Domine, non sum dignus ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanabitur anima mea » – « O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di' soltanto una parola e io sarò salvato »”. Tuttavia, le parole del centurione appartengono alla prima tappa, quella in cui si è avvicinato a Gesù attirato dal Padre. E io, quando sarò innalzato da terra...” attratti da questa parola di Gesù, noi cristiani siamo venuti a lui; ma ci troviamo su un piano diverso. Noi credenti siamo stati attirati da Gesù, da Gesù sulla croce che è stato innalzato. 

Il Catechismo della Chiesa Cattolica, a questo punto, presenta una preghiera della Divina Liturgia di San Giovanni Crisostomo. Essa contiene il grido del ladrone crocifisso insieme a Gesù: “Ricordati di me, Signore, quando sarai nel tuo regno”. Si può dire che questo grido sia, per così dire, il grido del primo uomo attratto da Gesù sulla croce. 

Sebbene la Divina Liturgia di San Giovanni Crisostomo contenga certamente una risposta rivolta a Gesù sulla Croce, ma questa scena non arriva fino alla scena del centurione descritto negli Atti degli Apostoli dopo la discesa dello Spirito Santo. Vi è descritto il centurione come: “Era religioso e timorato di Dio con tutta la sua famiglia; faceva molte elemosine al popolo e pregava sempre Dio” (At 10,2). E dall’incontro tra questo centurione e l'apostolo Pietro (cfr. 10:1-48), nacque l’occasione che spinse la Chiesa ad aprirsi alla missione verso i Gentili. Nel cammino di fede trasmessa dall'episodio del centurione riflette lo sviluppo della Chiesa a cui noi credenti aspiriamo. 

Il Catechismo della Chiesa Cattolica, № 1382, afferma che: "La Messa è ad un tempo e inseparabilmente il memoriale del sacrificio nel quale si perpetua il sacrificio della croce, e il sacro banchetto della Comunione al Corpo e al Sangue del Signore. Ma la celebrazione del sacrificio eucaristico è totalmente orientata all'unione intima dei fedeli con Cristo attraverso la Comunione. Comunicarsi è ricevere Cristo stesso che si è offerto per noi". In quanto tali, noi credenti non dovremmo forse applicare le parole della seconda tappa del centurione a Gesù sulla croce, “Davvero quest'uomo era Figlio di Dio!”, alla risposta che diamo “davanti alla grandezza di questo sacramento”, l'Eucaristia? 

Le parole con cui il sacerdote invita alla Comunione, secondo il Messale Romano, sono: "Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo. Beati gli invitati alla cena dell’Agnello". L'Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo è ciò che disse Giovanni Battista quando vide Gesù venire verso di lui. Quindi, “la cena dell'Agnello” è l'ultima cena di Gesù. In questo momento della Messa, vediamo certamente, nell'Eucaristia elevata dal sacerdote, Gesù innalzato sulla croce. 

Maria K. M.


 2025/09/16


213. Il processo di assaporare l'esperienza di un cristiano completo e le sensazioni che si ottengono durante questo percorso. 

Ripensando sulla riflessione precedente, possiamo dire che le parole del centurione in Matteo e Luca erano le parole di di un uomo che, pur non conoscendo il piano di Dio riguardo a Roma, cercava di conciliare la sua fede in Gesù con la sua posizione di soldato romano. Non voleva che “quelli che lo [Gesù] seguivano” (Mt 8,10) o la “folla” (cfr. Lc 7,9), che seguiva Gesù e gli anziani, venissero a casa sua. Tuttavia, quando Gesù sulla croce esalò l'ultimo respiro, il centurione vide ciò che lì era accaduto e si rese conto che “Davvero costui era Figlio di Dio!” (Mt 27,54). 

Inoltre, dopo la discesa dello Spirito Santo, gli Atti degli Apostoli descrivono il centurione: “Era religioso e timorato di Dio con tutta la sua famiglia; faceva molte elemosine al popolo e pregava sempre Dio” (At 10,2). L'interazione del centurione con l'apostolo Pietro (cfr. 10:1-48) fu il catalizzatore per il passaggio della Chiesa all'opera missionaria presso i Gentili. Attraverso la serie di episodi del centurione qui rappresentati, possiamo vedere il processo di assaporare l'esperienza di diventare un cristiano completo. Questa era la forza della grazia di chi ha percepito Gesù con tutti e cinque i sensi. 

Possiamo rintracciare questa crescita della fede del centurione nella prima metà dell'Apocalisse. I capitoli 1-3 dell'Apocalisse descrivono, sotto forma di lettere, gli angeli delle sette chiese che cercano di svolgere il loro ministero facendo i conti con se stessi e con lo stato attuale delle chiese, proprio come il centurione fece i conti con la propria posizione e la propria fede in Gesù. La profezia sulla formazione del Nuovo Testamento, che inizia nel successivo capitolo 4, conduce tutti coloro che leggono il Nuovo Testamento alla croce di Gesù, proprio come il centurione che vi stava accanto. 

Inoltre, è nella liturgia della Messa che seguiamo l'esempio del centurione, che era “religioso e timorato di Dio con tutta la sua famiglia; faceva molte elemosine al popolo e pregava sempre Dio. La routine di formazione spirituale dell'Apocalisse è pensata per sovrapporsi strettamente a quella della Liturgia della Messa, sostenendo e preparando la memoria quotidiana dei credenti nel periodo che intercorre tra la fine della Messa e la Messa successiva. Durante la liturgia della Messa, i fedeli si trovano faccia a faccia con l'Eucaristia. Qui, confessando che l'Eucaristia è Gesù Cristo e ricevendola, hanno la stessa consapevolezza del centurione che disse: “Davvero costui era Figlio di Dio!”. Questa routine è il processo per assaporare l'esperienza del cristiano completo e quella della formazione spirituale della Rivelazione. 

Così come dal rapporto tra il centurione e l'apostolo Pietro ha dato alla Chiesa lo slancio per andare verso la missione dei gentili, quando l'addestramento spirituale  nell'Apocalisse che sostiene la missione, si sviluppa nella seconda metà, l'apprendista entra nel processo di conoscenza di sè, distinguendo tra le parole della rivelazione che sono entrate nella sua memoria e le “informazioni umane”. Ripetendo più volte la routine dell'addestramento spirituale della Rivelazione, l'apprendista riconoscendo gradualmente la propria immagine che si svela, cambia il modo in cui vede ciò che lo circonda. Da qui nasce l'impulso per la missione. Inoltre, quando diventa più sensibile all'“informazione umana” e comincia a vederne l'opera, si comprende il significato delle parole di Gesù, che ha testimoniato: "Se invece me ne vado, lo manderò [il Paràclito] a voi. E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio" (Gv 16,7-8) e avrà il privilegio di collaborare con lo Spirito Santo. 

Il Padre e il Figlio attendono che la nuova profezia sia provata su di noi, futuri credenti. Lo Spirito Santo, inviato nel nome di Gesù, ha quindi preparato il Nuovo Testamento, compresa l'Apocalisse, e la Liturgia della Messa affinché tutti i credenti possano attraversare il processo di assaporare l'esperienza di diventare un cristiano completo e possano raggiungere la realizzazione che ne deriva. Per questo, le parole di Gesù, quando disse: “E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell'ultimo giorno” (Gv 6,39), appartengono a molti credenti che rimarranno sempre vulnerabili. Le parole che ha continuato sono la speranza dell'umanità: “Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno” (6,40). 

Maria K.M.


 2025/09/08

212. Un indizio per conoscere il processo per gustare l'esperienza di diventare un cristiano completo

Il motivo per cui Gesù ha istituito l'Eucaristia e l'ha lasciata sulla terra è che “chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna” (Gv 6,40). Come abbiamo detto la volta scorsa, non c'è altro modo per diventare colui che vede il Figlio e crede in lui” se non quello di diventare coloro che vedono e credono nell'Eucaristia, che il sacerdote, in collaborazione con lo Spirito Santo, presenta alla comunità durante la Liturgia Eucaristica. Rivolgendosi al Santissimo Sacramento, ripetendo in ogni Messa la dichiarazione: “Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio” (cfr. Mt 16,16, Gv 11,27), si imprime nella memoria di ciascun fedele il fatto di essere diventato colui che ha visto “il Figlio e crede in lui”. Tuttavia in questo momento decisivo, noi, la Chiesa, abbiamo recitato la professione di fede del centurione. Questo tema include una questione importante nell'esame del processo in cui la Rivelazione ci permette di gustare il diventare un cristiano completo, quindi lo rivisiteremo da un'altra angolazione prima di proseguire. 

Il Vangelo di Giovanni riporta in modo dettagliato lo scambio tra Gesù e Pilato. Se si considera che, lasciando la scena finale dell’incontro di Gesù con Ponzio Pilato, governatore romano, si sia voluto imprimere l’idea che Dio aveva l’intento di rendere Roma proprietà dei cristiani, allora tutto diventa chiaro. Gesù disse alla donna samaritana incontrata al pozzo di Giacobbe: “Credimi, donna, viene l'ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre” (Gv 4,21). Di conseguenza, quella era Roma. Sapendo che Gerusalemme sarebbe caduta, Dio aveva progettato fin dall'inizio una nuova città a Roma, per la Chiesa che Gesù avrebbe fatto nascere e lo Spirito Santo avrebbe fondato, nella Nuova Alleanza. 

L'episodio del centurione si trova nel Vangelo di Matteo e di Luca. Il centurione del Vangelo di Luca, che desiderava la guarigione del suo servo, si trovò nella situazione di non voler che Gesù entrasse in casa sua. Questo perché non solo Gesù e gli anziani erano venuti con lui, ma anche la “folla” (cfr. Lc 7,9). Quando essi giunsero “non era ormai molto distante dalla casa” (7,6), il centurione mandò i suoi amici a dire a Gesù di non venire, rifiutando così la sua visita. Nel caso del Vangelo di Matteo, coloro che seguirono Gesù non fu la “folla”, ma “quelli che lo seguivano” (Mt 8,10) ; tuttavia, anche in questo caso, il centurione rifiutò la visita di Gesù. 

Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di' una parola e il mio servo sarà guarito. Anch'io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: 'Va'!', ed egli va; e a un altro: 'Vieni!', ed egli viene; e al mio servo: 'Fa' questo!', ed egli lo fa” (Lc 7,6-8). 

Se leggiamo questo messaggio, considerando che Dio stava progettando una nuova città a Roma, le parole del centurione possono essere applicate direttamente al futuro dell'Impero romano. Quando Gesù lo sentì, si stupì e disse: “Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!” (Lc 7,9), perché il centurione, che era un soldato romano, parlava come un profeta. Non sarebbe mai successo che Gesù, che doveva morire sulla croce, venisse nell'Impero romano, come dice il centurione: “Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto”. Tuttavia, la crocifissione di Gesù, punizione dell'Impero Romano, ha impresso il nome di Gesù su Roma. Così, si sono adempiute le parole: “Ma di' una parola e il mio servo sarà guarito”. La Parola aveva raggiunto Roma e stava già incoraggiando il suo popolo prima di Paolo (cfr. Rm 1,6-7). 

Inoltre, le parole pronunciate sulla base dell'esperienza di servizio militare del centurione a prima vista possono sembrare ordinarie. Tuttavia, dietro quelle parole c'era il sistema razionale della legge e degli affari militari che l'Impero romano aveva a quel tempo. Qui sta la ragione per cui Dio cercò Roma come capitale della Chiesa per vivere la Nuova Alleanza che aveva stretto sulla croce. La cultura, le tradizioni e il temperamento dei Romani erano in grado di accogliere il rapido progresso dell'umanità che sarebbe avvenuto con la venuta del Figlio di Dio sulla terra. Ora, dopo la storia, sappiamo che una nuova profezia si trova nel Nuovo Testamento. 

Le parole di stupore di Gesù raggiunsero il servo del centurione, ed egli si ristabilì. La fede del centurione in Gesù era intuitiva e pura. È come Naaman, il comandante militare del re di Aram, che Gesù ha citato dicendo: “C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro” (Lc 4,27). Come aveva creduto nel profeta Eliseo dopo averne sentito parlare dalla serva di sua moglie, una ragazza israelita, così il centurione credette in Gesù dopo averne sentito parlare dagli anziani. 

Gesù disse: “Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me” (Gv 6,44-45). Queste parole testimoniano l'adempimento della profezia dell'Antica Alleanza. Le persone con cui Gesù aveva a che fare in quel momento erano quelle che potevano venire a lui attraverso la forza di attirare del Padre. Il centurione era uno di loro e la sua fede era un'estensione della fede del popolo dell'Antica Alleanza. 

Tuttavia, il centurione non poteva rimanere in quella fede. Come Gesù testimoniò in seguito: “E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32), egli venne a dire a Gesù sulla croce, attirato da Gesù insieme a coloro che erano con lui, vegliando su Gesù: “Davvero costui era Figlio di Dio!”. (Mt 27,54). Nel Vangelo di Luca è scritto: “Il centurione dava gloria a Dio dicendo: 'Veramente quest'uomo era giusto'”. (Lc 23,47). 

Il centurione che si recò da Gesù, attirato dal Padre, disse: “Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto ... ma di' una parola e ...”. Era una fede sostenuta dalle profezie del popolo dell'Antica Alleanza. Alla fine, fu attirato da Gesù sulla croce e disse: “Davvero costui era Figlio di Dio!”, che era diretto proprio alla Nuova Alleanza, che Gesù aveva appena adempiuto. Inoltre, dopo la discesa dello Spirito Santo, noi credenti, prima dell'Eucaristia, confessiamo la fede di colui che vede il Figlio e crede in lui”. Qui si trova un indizio per conoscere un processo attraverso il quale la Rivelazione ci permette di gustare l'esperienza di diventare un cristiano completo. 

Maria K. M.


 2025/09/01


211. Innanzitutto, chiarire le colpe del mondo

Come abbiamo detto nel numero precedente, la “Rivelazione di Gesù Cristo” (Ap 1,1) opera su ogni credente che riceve l'Apocalisse come libro di formazione spirituale; in unione con gli altri libri del Nuovo Testamento, portandolo alla spiritualità dello Spirito Santo e fa gustare l'esperienza di diventare un cristiano completo. Poiché questo avviene per mezzo dello Spirito Santo, prima di esaminare il processo, dobbiamo riflettere sulla testimonianza finale di Gesù sullo Spirito Santo: "Se invece me ne vado, lo manderò a voi [il Paràclito]. E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio" (Gv 16,7-8). 

Il Vangelo dice:“Riguardo al peccato, perché non credono in me” (Gv 16,9). Il significato di queste parole diventa chiaro esaminando ciò che Gesù ha detto: "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai! Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete." (6:35-36). In questo passo, notiamo che le parole di Gesù,“mi avete visto, eppure non credete”, sono rivolte anche a noi, futuri credenti. 

Gesù ha detto:“Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno” (6:40). Poi, quando spiegò in dettaglio come ciò avrebbe avuto luogo, gli ebrei rimasero confusi. Tuttavia, Gesù continuò a parlare e disse: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno” (6:54). Sentendo questo, molti dei suoi discepoli dissero:“Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?” (6:60). Essi, avendo ascoltato Gesù vivente dire: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue”, non riuscirono a credere a queste parole. Essi commisero un “grande errore” (Mc 12,27). Questa è la “colpa del mondo”. 

Noi credenti, guardando l’Eucaristia sotto le specie del pane e del vino, crediamo davvero alle parole di Gesù che disse: «Io sono il pane della vita»? Possiamo dire che l'Eucaristia è Gesù vivo? Se sì, dove lo testimonieremo? Questo avviene davanti all’Eucaristia, che lo Spirito Santo, inviato nel nome di Gesù, rivela nella Messa attraverso le mani del sacerdote. Se i credenti non hanno occasione di dichiarare davanti all'Eucaristia: “Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio” (cfr. Mt 16,16, Gv 11,27), allora sono stati ingannati dalla “colpa del mondo”. 

Gesù disse ai farisei:“E nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera. Sono io che do testimonianza di me stesso, e anche il Padre, che mi ha mandato, dà testimonianza di me” (Gv 8,17-18). La dichiarazione della Santa Eucaristia da parte di tutta la Chiesa nella Messa come “il Cristo, il Figlio di Dio” deve essere un'opera tale per cui ogni credente si unisce alla testimonianza del Padre e del Figlio, lavorando con lo Spirito Santo per salvare il mondo intero. Se noi, alla presenza dell'Eucaristia, non lo proclamiamo, Gesù continuerà a dirci:“Mi avete visto, eppure non credete. Questo significa che si tratta di una questione di peccato. 

Gesù dice che“riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più” (Gv 16,10). Il Vangelo di Giovanni mostra che Gesù prestava particolare attenzione al rapporto tra il “vedere”, come funzione del senso, e il “credere”. Il motivo per cui Gesù ha istituito e lasciato sulla terra la Santissima Eucaristia è che: “chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna” (6,40). Essere chi “vede il Figlio e crede in lui” - essere coloro che vedono e credono nell'Eucaristia, che il sacerdote in collaborazione con lo Spirito Santo presenta alla comunità durante la liturgia eucaristica - si realizza quando dichiariamo all'Eucaristia che essa è “il Cristo, il Figlio di Dio”. Ripetendo questa dichiarazione ad ogni Messa, ogni credente si accorgerà di essere diventato colui che “vede il Figlio e crede in lui”. 

Tuttavia, alcuni credenti, pur avendo creduto in Gesù senza vederlo, non riescono a togliersi dalla mente l'immagine di Gesù, che ha compiuto perfettamente la volontà del Padre, e si lasciano ingannare dal desiderio di conoscere Gesù con quell'immagine, di vederlo e di unirsi a lui, lasciando da parte l'Eucaristia. Questo desiderio, che proviene dalla “colpa del mondo”, fa sì che la persona percepisca l'immagine di Gesù che non deve aver mai visto, contrariamente alle parole di Gesù, che ha detto della giustizia:“Non mi vedrete più”. Questo è ciò che i desideri e le brame persistenti della persona gli stanno mostrando. Questi bisogni e desideri nascono dal desiderio di autorealizzazione, che si dice sia il desiderio più alto dell'uomo. Il desiderio di auto-realizzazione si sviluppa a strati per tutta la vita, senza fine, anche quando si sente che è stato raggiunto. Mobilita ogni volta tutti i desideri verso i credenti che non riconoscono la “colpa del mondo” e sono “in grave errore” (Mc 12,27). E se identificano questo desiderio di autorealizzazione con se stessi, esso diventerà il loro dominatore. 

Gesù ha testimoniato che “riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato” (Gv 16,11). La formazione spirituale dell'Apocalisse offre ai credenti dominati dal desiderio di autorealizzazione l'opportunità di conoscere la loro situazione. Man mano che proseguono questo addestramento, diventano capaci di discernere i pensieri e le idee del proprio cuore venendo trafitti da colui “che ha la spada affilata a due tagli” (Rv 2,12) fino a essere trafitti fino alla divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla (cfr. Eb 4,12). Alla fine, arriva il momento in cui si vedono come sono. Gesù deve aver desiderato che i suoi seguaci si rendessero conto e accogliessero le parole che condannano i loro desideri autoreferenziali come parole del Dio vivente. Per realizzare la sua speranza, Gesù ha detto:“Se invece me ne vado, lo manderò a voi [il Paràclito]” (Gv 16,7). Il Paràclito è infatti lo Spirito Santo, che insegna e ci fa capire che “la parola di Dio è viva, efficace” (Eb 4,12). 

Praticare la formazione spirituale dell'Apocalisse seguendo lo Spirito Santo significa, in altre parole, formarsi di concerto con lo Spirito Santo. Quando si collabora con lo Spirito Santo, si può realizzare il proprio potenziale naturale e vivere veramente la propria vita. Attraverso l'addestramento spirituale dello Spirito Santo, alla fine noi credenti ci vedremo diventare più simili a Gesù, cioè diventare simili a Dio. Questa è la vera realizzazione di sé, e qui entra in gioco la pace di Dio promessa da Gesù: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi” (Gv 14,27). 

Maria K. M.


 2025/08/25


210. La rivelazione di Gesù Cristo e il libro della formazione spirituale

Dopo la Pentecoste, i testimoni che avevano conosciuto personalmente Gesù videro con i loro occhi che ciò che Gesù aveva testimoniato con le sue parole e azioni si stava realizzando come nuove profezie. Lo Spirito Santo, inviato nel nome di Gesù, ha formato il Nuovo Testamento e vi ha incluso l'Apocalisse per trasmettere, a coloro che non vedono Gesù ma credono in lui, i ricordi delle esperienze dei testimoni. Come si legge:“Infatti la testimonianza di Gesù è lo Spirito di profezia” (Ap 19,10), l'Apocalisse è un libro di formazione spirituale in cui ciò che Gesù ha testimoniato viene infuso nella memoria dei credenti come nuove profezie. 

Le descrizioni dell'Apocalisse alludono ai contenuti di altri libri del Nuovo Testamento, collegandosi ad essi e inserendo nella memoria dei credenti ciò che Gesù ha testimoniato in essi come nuove profezie. Inoltre, quando i credenti si accostano nuovamente agli altri scritti del Nuovo Testamento, è lo Spirito Santo a guidarli e istruirli, facendogli comprendere che ciò che Gesù ha testimoniato si realizza come nuova profezia nell'Apocalisse (cfr. Gv 16,13). Quando i credenti leggono attentamente gli altri libri del Nuovo Testamento, impegnandosi continuamente in questo addestramento spirituale dell'Apocalisse, si genera in loro un ciclo per cui arrivano a capire che ciò che Gesù ha testimoniato diventa nuove profezie nell'Apocalisse e si compie interiormente. Questo ciclo diventa una conoscenza tacita che crea e conserva negli apprendisti i ricordi delle esperienze che i testimoni che avevano conosciuto personalmente Gesù avevano conservato. Lo vediamo anche nella Lettera agli Ebrei, che abbiamo esaminato. 

Lo scrittore dell'Apocalisse, Giovanni, descrive l'altoparlante della voce che gli aveva parlato per la prima volta: “Teneva nella sua destra sette stelle e dalla bocca usciva una spada affilata, a doppio taglio, e il suo volto era come il sole quando splende in tutta la sua forza” (Ap 1,16). Inoltre, nella lettera all'angelo della chiesa di Pergamo, scrive:“Così parla Colui che ha la spada affilata a due tagli” (2:12). A proposito di questa “spada affilata a due tagli, anche lo scrittore della Lettera agli Ebrei scrive:“Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore” (Eb 4,12). I credenti che praticano ripetutamente l' esercizio spirituale dell'Apocalisse capiranno che ciò che ha scritto lo scrittore della Lettera agli Ebrei, così come ciò che è scritto negli altri libri del Nuovo Testamento, diventa nell'Apocalisse come nuove profezie di ciò che Gesù ha testimoniato. 

Lo scrittore della Lettera agli Ebrei ha cercato di porre in qualche modo Gesù, il Figlio di Dio che ora siede alla destra del Padre, al centro dell'“assemblea” della comunità ecclesiale come sacerdote eterno. Gesù, nell'ultima cena  pasquale, mostrò agli Apostoli, che avevano preparato il pane e il vino, il sacerdozio della nuova alleanza. Gesù ha conferito il sacerdozio agli Apostoli contemporaneamente all'istituzione dell'Eucaristia e l'ufficio è stato tramandato dagli Apostoli. In questo modo, il sacerdozio è diventato un sacerdozio eterno. Questa testimonianza di Gesù si compie nell'Apocalisse come una nuova profezia. L'ultima metà dell'Apocalisse inizia come segue: “Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle” (Ap 12,1). 

Come mostra il diagramma, l'Apocalisse è composto da sette profezie. L'ultima metà inizia con la “Profezia del destino della Chiesa, con i misteri del sacerdozio e dell'eucaristia nascosti nel deserto e nel cielo”. La formazione spirituale dell'Apocalisse ci chiede semplicemente di leggere l'Apocalisse ad alta voce e di cercare di concentrarci sulla nostra voce mentre leggiamo, credendo nelle parole:“Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e custodiscono le cose che vi sono scritte: il tempo infatti è vicino” (Ap 1, 3).

Tuttavia, spesso possiamo fare solo un po' ogni giorno. Eppure, se decidiamo di fare anche solo una riga e si continua, arriverà il giorno in cui questa abitudine di leggere l'Apocalisse diventerà una “beatitudine”. L'Apocalisse, che ha una grandiosa struttura profetica comeRivelazione di Gesù Cristo” (1,1), opera su ciascun credente che la accetta come libro di formazione spirituale, portandolo fino alla profezia della spiritualità dello Spirito Santo (cfr. profezia nello schema n. 7) e facendogli assaporare cosa significa essere un cristiano perfetto. Parleremo di questo processo nel prossimo numero. 

Maria K. M.


 2025/08/18


209. Dalla Lettera agli Ebrei all'Apocalisse

La Lettera agli Ebrei era un tentativo di collocare in qualche modo Gesù, il Figlio di Dio che ora siede alla destra del Padre, al centro dell'“assemblea” come sacerdote eterno della comunità ecclesiale, affinché i credenti che Gesù chiama suoi fratelli e sorelle potessero crescere e alla fine sentirlo dire: «Eccomi, io e i figli che Dio mi ha dato» (Eb 2,13). L'autore scrive: «Abbiamo piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso ... la sua carne» (10,19-20). In queste parole si riflette il significato dell'Eucaristia istituita da Gesù e l'immagine della liturgia della Messa, in cui opera lo Spirito Santo, mandato nel nome di Gesù. Inoltre, nella descrizione dell'«assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli» (12, 23, cfr. 12, 22-24), si intravede l'immagine dell'«assemblea» celeste. 

In questo modo, l'autore si è affidato all'«assemblea» per guidare i cristiani ebrei, che avevano forti legami con l'Antico Testamento. A quel tempo, quando non c'era ancora il Nuovo Testamento, non poteva fare altro che dire: «Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunciato la parola di Dio. Considerando attentamente l'esito finale della loro vita, imitatene la fede» (Eb 13,7). Non poteva ricorrere all'Antico Testamento, che non menzionava il nome di Gesù. 

D'altra parte, l'apostolo Paolo, che era coinvolto in una comunità di cristiani gentili con problemi etici, scrisse nella sua lettera agli Efesini: «E non ubriacatevi di vino, che fa perdere il controllo di sé; siate invece ricolmi dello Spirito, intrattenendovi fra voi con salmi, inni, canti ispirati, cantando e inneggiando al Signore con il vostro cuore» (Ef 5,18-19), comandando loro di praticare la disciplina spirituale basata sui Salmi (cfr. 4,17-5,14). Nella sua lettera ai Colossesi, scriveva anche: «La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e canti ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri cuori» (Col 3,16). Tuttavia, nei Salmi dell'Antico Testamento non si fa menzione della «parola di Cristo», né tantomeno del nome di Gesù. Inoltre, se i cristiani che aspettavano la seconda venuta di Gesù avessero bevuto il vino del popolo dell'Antico Testamento che aspettava il Salvatore, si sarebbero avverate le parole di Gesù: «Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: "Il vecchio è gradevole!"» (Lc 5,39). Tuttavia, Paolo non aveva altro su cui basarsi. 

Gli apostoli che condivisero il ministero pubblico di Gesù furono testimoni della sua sofferenza, morte, risurrezione e ascensione, e sperimentarono la discesa dello Spirito Santo. Tuttavia, Paolo, che fu scelto da Dio in un momento completamente diverso, non aveva alcuna esperienza personale con Gesù. Non aveva il ricordo di «ciò che io vi ho detto» che Gesù disse: «Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Gv 14,26). Questo è il ricordo fondamentale per entrare in relazione con lo Spirito Santo mandato nel nome di Gesù. Paolo lo sapeva molto bene. Per questo andò a Gerusalemme di sua iniziativa e ascoltò a lungo gli Apostoli. I suoi sforzi fiorirono nel Nuovo Testamento, a beneficio non solo suo, ma anche dei futuri cristiani. 

Col passare del tempo, come ci dice Paolo nella sua lettera ai Corinzi, alcuni dei testimoni della risurrezione di Gesù morirono (cfr. 1 Cor 15,6). Essi avevano avuto esperienze dirette con Gesù. Molti di loro erano stati istruiti direttamente da Gesù e avevano ricordi di «ciò che io vi ho detto». Lo Spirito Santo aggiunse l'Apocalisse al Nuovo Testamento per infondere in modo speciale nei futuri credenti i ricordi di questi testimoni che avevano conosciuto Gesù personalmente. L'Apocalisse, che afferma: «Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e custodiscono le cose che vi sono scritte: il tempo infatti è vicino» (Ap 1,3), è un libro di formazione spirituale in cui lo Spirito Santo conserva nelle profondità della memoria dei credenti esperienze pari a quelle dei testimoni, affinché possano vivere e custodire queste verità. 

L'Apocalisse è strettamente connessa agli altri libri del Nuovo Testamento e crea un ricordo significativo nei credenti per amore dello Spirito Santo mandato nel nome di Gesù. Come se prevedesse questo futuro, l'autore della Lettera agli Ebrei pregava così: «Il Dio della pace, che ha ricondotto dai morti il Pastore grande delle pecore, in virtù del sangue di un'alleanza eterna, il Signore nostro Gesù, vi renda perfetti in ogni bene, perché possiate compiere la sua volontà, operando in voi ciò che a lui è gradito per mezzo di Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen» (Eb 13,20-21). 

Maria K. M.


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