2024/08/19
157. Il tempo infatti è vicino
L'apostolo Paolo disse ai credenti efesini: "E non ubriacatevi di vino, che fa perdere il controllo di sé; siate invece ricolmi dello Spirito, intrattenendovi fra voi con salmi, inni, canti ispirati, cantando e inneggiando al Signore con il vostro cuore, rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo" (Efesini 5:18-20). Egli pensava che, facendo sì che i gentili avessero l'abitudine di parlare tra loro attraverso salmi, inni e canti spirituali e di cantare lodi sincere al Signore, non sarebbero diventati stolti, ma, come lui, avrebbero letto la testimonianza su Gesù Cristo dalle Scritture ebraiche e avrebbero reso grazie a Dio, il Padre. I Salmi, che si dice siano opera di Davide, contengono una profezia del Salvatore, e Davide, a cui Dio disse di suo figlio Salomone: "Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio" (2 Samuele 7:14), deve aver avuto l'idea di Dio che diventa padre degli uomini.
Poiché Paolo ricorda di essere "Ebreo figlio di Ebrei; quanto alla Legge, fariseo; ... quanto alla giustizia che deriva dall'osservanza della Legge, irreprensibile" (Filippesi 3:5-6), la giustizia della legge basata sulle Scritture ebraiche era profondamente radicata nella sua memoria. Al fondo della memoria di Paolo doveva esserci una conoscenza non facilmente verbalizzabile, basata sull'esperienza, sul senso e sull'intuizione acquisita nell'osservare la giustizia della legge. La sua "giustizia che deriva dall'osservanza della Legge" fu cambiata e orientata alla sua perfezione quando fu chiamato da Gesù, che aveva detto: "Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento" (Matteo 5:17). Questa rettitudine divenne la sua guida nell'avvicinarsi a Gesù per guadagnare Cristo ed essere trovato in lui. Poi, si spinse fino a dire che: "avendo come mia giustizia non quella derivante dalla Legge, ma quella che viene dalla fede in Cristo, la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede" (Filippesi 3:9).
D'altra parte, come fariseo che credeva nella risurrezione, il desiderio di Paolo di conoscere Cristo e la potenza della sua risurrezione e di ottenere in qualche modo la risurrezione dai morti doveva essere estremo. Ma egli disse onestamente: "Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla" (Filippesi 3:12). Poi, incoraggiando se stesso e dando consigli alla comunità, scrisse: "La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo" (3,20). In queste parole possiamo vedere un Paolo che non è diverso dall'uomo che era prima di incontrare Cristo.
Queste parole di Paolo, che guardano alla salvezza come a un evento futuro, mostrano che la mentalità del popolo dell'Antica Alleanza, ancora in attesa di un Salvatore, era viva nella sua memoria. La memoria di Paolo, nel suo intimo, conservava il ricordo del popolo dell'Antica Alleanza in attesa del Salvatore. È questa memoria che ha dato agli Efesini l'esortazione: "E non ubriacatevi di vino, che fa perdere il controllo di sé; siate invece ricolmi dello Spirito, intrattenendovi fra voi con salmi, inni, canti ispirati, cantando e inneggiando al Signore con il vostro cuore". L'abitudine di parlare gli uni agli altri attraverso salmi, inni e canti spirituali e di cantare lodi sincere al Signore era qualcosa che Paolo stesso, un ebreo, aveva praticato.
L'incontro di Paolo con Gesù gli ha permesso di dire "rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo". Ma l'abitudine di parlarsi in salmi, inni e canti spirituali e di cantare lodi cordiali al Signore operava continuamente nel suo intimo, rendendolo custode di ciò che vi era scritto, custode della memoria del popolo dell'Antica Alleanza, che aspettava il Salvatore.
Attraverso Gesù Cristo, le profezie delle Scritture ebraiche si sono adempiute. Tuttavia, come ci dice lo stesso Paolo nella sua lettera ai Corinzi, alcuni dei testimoni della risurrezione di Gesù erano già morti (cfr. 1 Corinzi 15:6). Erano stati con Gesù, avevano ricevuto un insegnamento diretto e avevano la visione del mondo di Gesù Cristo. In preparazione al tempo in cui questi testimoni sarebbero presto cessati, lo Spirito Santo aggiunse l'Apocalisse al Nuovo Testamento e vi scrisse quanto segue: "Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e custodiscono le cose che vi sono scritte: il tempo infatti è vicino" (Apocalisse 1:3).
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